Introduzione: perché puoi imparare dei consigli di management dal mondo delle Startup
Riprende il nostro viaggio alla ricerca di lezioni, spunti e riflessioni di management da discipline, modelli di business e settori differenti. In questa puntata di “management per tutti” voglio portarti 6 spunti di management che ho estrapolato dal mondo delle Startup.
Apparentemente potrebbe sembrare un paradosso. Quando pensiamo al mondo delle Startup ci vengono in mente le parole: innovazione, flessibilità, dinamicità, tecnologia, digital; sicuramente non processi, procedure e metodi di gestione.
Non dobbiamo però confondere l’autonomia e la flessibilità con l’anarchia e l’assenza totale di pianificazione.
Il fatto che non ci sia una gerarchia prestabilita non significa che le persone non abbiano delle responsabilità precise. L’assenza di un CFO non comporta la non curanza del bilancio e delle spese. La mancanza di un project manager non è una scusa per ottimizzare i processi lavorativi.
>> 7 lezioni di project management
Auguro a tutti, indipendentemente dall’età e dalla professione di lavorare almeno una volta nella vita in una Startup alle primissime fasi. Il clima che si respira è travolgente.
Effettivamente il mondo delle Startup è per antonomasia libero. L’innocenza di chi non ha nulla da perdere si mischia con la spocchia di chi non deve fare i conti con nessuno, se non con le proprie idee, dando vita ad un’atmosfera inspiegabile a chi non l’ha vissuta sulla propria pelle.
Quando vengono fatti degli degli esempi di management (chi è andato all’università avrà sentito questi esempi centinaia di volte) si nominano aziende come Toyota o General Electric e si citano nomi come Adriano Olivetti, Taylor o Ford.
Le cose stanno cambiando, anche per quanto riguarda il management. Dalla gestione delle persone alla produzione, dalla rete vendita alle risorse economiche; in questi anni alcune Startup hanno rivoluzionando diversi paradigmi figli del management tradizionale.
È solo una questione di tempo, sono convinto che in meno di qualche anno nei percorsi di management si studierà la company culture di Zappos, la policy sulle ferie di Netflix e il modello squads-tribes di Spotify.
Ecco perché, nonostante viga spesso un clima molto flessibile e privo di regole ferree ritengo importante trarre degli spunti di management ANCHE dal mondo delle Startup.
Basta chiacchiere, la premessa è stata (come solito, e di questo mi scuso, sto provando a migliorare) fin troppo lunga, ecco 6 spunti di management dal mondo delle startup.
1. Imparare a prioritizzare
Il primo consiglio è quello di imparare a stabilire le priorità, sempre. Vale in qualsiasi ambito, dalla gestione del budget a come viene investito il tempo delle persone, saper prioritizzare è fondamentale.
“Quali spese sono più importanti e quali possono essere messe in secondo piano? Quali attività sono urgenti e quali sono meno prioritarie? Durante la prossima riunione ci sono dei punti che dobbiamo assolutamente trattare?”
In generale sono tutte domande sulla quale ci soffermiamo troppo poco. Parlo al plurale perché sono il primo a dover migliorare in questo campo.
Si sa, il tempo è nobiluomo, non te lo devo dire io che abbiamo tutti solamente 24 ore al giorno. Specie all’inizio, nei primi mesi di vita di una Startup ci sono tantissime cose da fare e il tempo sembra sempre non bastare mai. È come traslocare in una nuova casa, il grosso della fatica è all’inizio.
Ad una lista infinita di cose da fare aggiungiamo una valanga di nuove idee sfornate in continuazione. È normale, i primi mesi di una startup sono come i primi mesi di una relazione amorosa; tutto va bene, c’è affiatamento, entusiasmo e voglia di fare, di creare e di uscire la fuori a prendersi il mondo. L’ambiente perfetto per il proliferarsi di buone idee.
Lo startupper ha già le giornate piene e in più continua ad aggiungere in agenda attività da svolgere e idee da approfondire. Senza considerare che tanti startupper lavorano parallelamente part-time o studiano all’università. Capirai il perché sia importante imparare a prioritizzare.
Senza farti un sermone sull’importanza di puntare in attività di qualità e non nella quantità di attività portate a termine, sappi che in questo caso è proprio così. Tutti noi dobbiamo imparare a prioritizzare le attività da fare ed essere coerenti con questa scelta, eliminando quindi qualunque attività non attinente con la priorità del momento.
Le priorità sono spesso dettate da quelli che sono gli obiettivi della settimana, del mese o dell’anno, potremmo discutere a lungo su come scegliere i giusti obiettivi, in linea di massima vale il principio: meno obiettivi abbiamo meglio è.
Stabilendo uno o comunque pochi obiettivi per volta potremo concentrare tutti gli sforzi in attività che ci aiutino concretamente a fare un passettino in avanti nel raggiungimento di questo obiettivo, tutto il resto diventa superfluo.
È una questione di distribuzione delle risorse, del tempo e dell’impegno, rimanere focalizzati su un unico obiettivo aumenta la probabilità di raggiungerlo.
- Siete una startup che sta muovendo i primi passi e avete l’obiettivo di intervistare più clienti possibili? Parlate con i clienti dal mattino alla sera, nient’altro, punto.
- State provando a sviluppare una prima bozza, un prototipo o un mvp di prodotto per testare se effettivamente ci sia mercato? Allora concentratevi su questo, punto.
A tal proposito ti consiglio l’articolo: 9 consigli di product management
Ho fatto due esempi collegati allo sviluppo del prodotto ma le priorità possono svariare di ambito.
- Il conto è in negativo e nei prossimi due mesi sapete già che non ci saranno entrate? Massima priorità: abbassare i costi e diminuire gli sprechi.
- Non riuscite a stare dietro al servizio clienti? La massima priorità diventa ingaggiare un nuovo addetto al customer care o implementare delle nuove procedure.
Inoltre ogni reparto e persino ogni persona potrebbe avere delle priorità differenti. L’importante è investire bene il proprio tempo, scegliendo accuratamente le priorità e rimanendo fedeli ad esse, portando avanti solamente attività collegate alla priorità. Il resto deve essere delegato, eliminato o rimandato.
Come facciamo a capire se una priorità sia giusta o meno? Ognuno ha la propria tecnica e non è il tema di questo articolo, condivido giusto un piccolo framework che potrebbe esserti utile.
Ed è la funzione impact-effort. Questa tecnica punta a valutare le idee tenendo conto di due criteri: lo sforzo richiesto in termini di risorse necessarie per la sua realizzazione e il potenziale impatto.
L’obiettivo è identificare le attività migliori da svolgere, ossia quelle che richiedono poco sforzo e hanno un alto impatto. Allo stesso tempo dobbiamo evitare di fare attività che richiedano un grosso sforzo che però portano un basso impatto, tanta fatica per nulla.

Così per ogni lavoro sapremo a colpo d’occhio quanto sia importante da portare a termine e quanta fatica ci richiederebbe.
Potresti obiettarmi che anche le attività ad alto impatto ma che richiedono un grosso sforzo dovrebbero essere portate a termine. Per esperienza quando un’attività è troppo complessa di solito è perché non l’abbiamo scomposto abbastanza.
Oppure possiamo farlo con una semplice tabellina, assegnando un valore all’impatto e allo sforzo. Valore che può essere numerico, da 1 a 5, oppure a parole, basso, medio e alto.

2. Impara a riconoscere ed accettare delle verità inaspettate
Nei primi mesi di vita le Startup devono principalmente formulare e in seguito convalidare o smentire delle ipotesi.
Quali funzionalità aggiungere o togliere al prodotto, chi sia veramente il cliente ideale, quale metodologia di gestione utilizzare, i canali di distribuzione più opportuni ecc. Sono tutte ipotesi che devono essere formulate e convalidate.
Le tempistiche possono variare da caso a caso, per una Startup questo periodo di “ipotesi-convalidazione” potrebbe durare un paio di mesi, mentre per un’altra potrebbe durare qualche anno.
Sperimentare, ideare e analizzare, questo è quello che fa una Startup. Dobbiamo accettare che non tutte le nostre ipotesi saranno corrette. Avremo intuizioni giuste e altre meno, fa parte del gioco e per giocare bisogna essere pronti a farsi smentire.
I post-it ad esempio inizialmente furono pensati come colla per gli astronauti. I primi risultati furono deludenti, poi un giorno un dipendente utilizzò l’adesivo per mettere dei segnalibri negli spartiti che usava per cantare e suonare in chiesa. Dopo poche settimane, tutti in chiesa e in ufficio, iniziarono ad usare i post-it come segnalibri. Non so esattamente cosa sperassero di incollare nello spazio, in ogni caso sono stati bravi a riconoscere una smentita dell’idea iniziale.
Anche la Pluriball (la carta da imballaggi con tutte le bolle da scoppiare) ha vissuto un’evoluzione simile. Prima di diventare carta da imballaggi fu pensata come una pregiata carta da parati, non ebbe successo e passarono a venderla come isolante e poi, finalmente come materiale per imballaggio.
Stessa storia per il collutorio della Listerine, inizialmente fu concepito come antisettico chirurgo per i piedi. Provarono pure a venderlo come rimedio al raffreddore, finché non trovarono il posizionamento giusto, come collutorio.
Potremmo trovarci a convalidare o smentire ipotesi di usabilità del prodotto. Avete presente le bustine di zucchero, quelle lunghe a tubicino? Sono certo che anche tu le hai sempre aperte da un’estremità, in realtà dovrebbero essere aperte dal centro.
Per il momento ho fatto delle ipotesi collegate al prodotto e al suo sviluppo, tuttavia gli ambiti in cui dovremo fare delle ipotesi sono infiniti. Ad esempio nella gestione delle persone.
- Pensavamo che saremmo stati più produttivi utilizzando la metodologia OKR e invece a conti fatti producevamo di più usando un semplice Kanban.
- Credevamo che i collaboratori si sarebbero trovati meglio con lo smartworking e invece preferirebbero tornare in ufficio.
- Supponevamo che fosse più comodo utilizzare Dropbox invece era meglio Google Drive.
(Sono tutti esempi puramente fittizzi, non prendeteli come verità assolute)
Per concludere:
- Non tutte le nostre ipotesi saranno convalidate
- Impara a riconoscere delle verità inaspettate
Dobbiamo essere ricettivi e non prenderla come una sconfitta, non è una questione di umiltà intellettuale ma buonsenso. Solo uno sciocco scappa dalla verità. Accettare la realtà dei fatti è saggio in qualsiasi ambito della vita, non solo per le aziende o per le Startup.
3. Vendi il cosa e non il come
Voglio essere diretto con te senza troppi giri di parole: le persone vogliono capire che cosa vendi, quale problema puoi risolvere o quale beneficio potresti portare nelle loro vite, il come lo fai non ha importanza.
Sia con i clienti che con dei potenziali investitori dobbiamo essere bravi a spiegare il -cosa facciamo- senza soffermarci troppo sul come.
La tecnologia che sta dietro ad una Startup è irrilevante, a meno che non sia la tecnologia stessa il prodotto venduto. Pensiamo alle auto elettriche, il motore elettrico è parte del prodotto, in questo caso specificare il -come- ha senso.
Nella Silicon Valley è ormai passata l’ossessione del “voglio creare il nuovo Facebook”. Rispetto a qualche anno fa sono molto meno le Startup che provano a lanciare un social network. In ogni caso, ho visto diversi Social Network non decollare mai, il motivo? Vendevano sempre il come e non il cosa.
Il fatto che ci sia un’infrastruttura tecnologica scalabile o che il social sia basato sulla Blockchain non importa all’utente finale e nemmeno ad un investitore. Le persone vogliono capire che cosa potranno fare sul social, con chi interagiranno, in che modo è diverso dalle altre piattaforme e come dovrebbero passare il loro tempo.
C’è sempre tempo per raffinarsi a livello tecnico. Chiaramente per una startup tecnologica avere un tecnico in casa è un’ottima risorsa, però i tecnici si trovano e la tecnologia si evolve. Per questo motivo è pericoloso basare un’idea sul come e non sul cosa.
Puoi esportare questo principio nel tuo settore. Per esempio il fantomatico stereotipo “dell’azienda a gestione famigliare” non aggiunge valore per il cliente finale, che vuole soltanto sapere con quale prodotto lo delizierai.
Il procedimento, i macchinari utilizzati e gli impianti produttivi non fanno gola alle persone, salvo non siano parte stessa del prodotto.
Una coltivazione Bio è da sottolineare, perché le persone acquistano i prodotti proprio perché sono Bio. In tal caso specificare il come è giusto perché fa parte del cosa.

Ho portato questa citazione che secondo me è perfetta. Immagina di lanciare un social network dove poter condividere le proprie ricette. A mia nonna dovrai spiegare che potrà far conoscere al mondo intero i suoi piatti squisiti e che potrà farsi inspirare da altre nonne. Con quale linguaggio verrà programmata l’applicazione per lei è irrilevante, devi venderle il cosa e non il come.
Ancora una volta devo sottolineare l’importanza del posizionamento. Le persone devono ricordarsi di noi e per ricordarsene dobbiamo avere un posizionamento preciso. Non puoi essere l’istruttrice di Yoga, Fitness e Pilates. Per essere ricordata dalle tue allieve dovrai prendere una posizione netta, ad esempio: l’unica Istruttrice della città specializzata in Pilates per over 65.
“Okay Cristian, non devo vendere il come, posso vendere il perché?”
Un fine nobile deve essere comunque accompagnato da un prodotto o un servizio eccellente. Nulla ti vieta di raccontare quale siano la vision e la mission aziendali, ma senza un prodotto concreto, senza un -COSA- da raccontare, rimarranno solamente parole.

Questi sono due esempi di “pitch”, il primo di Airbnb, il secondo di Dropbox. Le formule corrette presentano entrambe il cosa, non il come e non il perché.
4. Parla con i clienti
Lo ammetto, questo titoletto suona abbastanza banale. Tutti noi parliamo già con i nostri clienti, esistono però dei suggerimenti per svolgere queste “chiacchierate” nella maniera più efficiente possibile ed ottenere il massimo dei risultati da tale prassi. Nelle prossime righe vorrei mostrarti quando e come parlare con i clienti.
Partiamo da due assunti
- Non è mai troppo presto per parlare con un cliente*
- Prima parla con i clienti, poi produci, non il contrario
*Con cliente intendo clienti attuali e potenziali
Nell’articolo “9 consigli di product management*” ho spiegato che un prodotto nasce principalmente per risolvere un problema. È quindi compito dell’imprenditore evitare di avere una “SISP”, ossia una soluzione in cerca di un problema (solution in search of a problem). L’unico modo di poter creare una soluzione è conoscere nel dettaglio il problema e le persone che hanno questo problema.
In questa fase, quando parliamo con i clienti abbiamo l’obiettivo di indagare sul problema per fornire la migliore soluzione.
*Oggi ho citato questo articolo più di una volta, non voglio essere ripetitivo, ma il product management nasce nel mondo delle Startup, pertanto ci sono molte analogie tra questi due articoli, consideralo come un proseguo.
Il test della mamma
Ti suggerisco il libro -The Mom Test- di Rob Fitzpatrick. L’autore offre degli spunti per ottenere il massimo dalle interviste che facciamo con noi i nostri clienti ed evitare situazioni ambigue.

Ps: ho registrato una puntata del podcast su questo argomento, ascoltala qui
Questa immagine mi ha sempre fatto sorridere, sarà perché ci sono passato, nella sua semplicità offre un quadro esatto della realtà. Che sia la mamma o un vero cliente, è un attimo estrapolare delle informazioni sbagliate. In questo libro Rob Fitzpatrick spiega come evitarle.
Provo a riassumerti “The Mom Test” in tre punti.
I. Ascolta, non parlare
Quando parliamo con un cliente, che sia tramite un sondaggio (metodo quantitativo) o tramite un’intervista (metodo qualitativo) lo facciamo per raccogliere delle informazioni su di lui, dei suoi problemi e dei benefici che sta cercando, è lui il protagonista, non dobbiamo essere noi al centro dell’attenzione.
Non è questo il momento in cui presentare la tua idea, è il momento di ascoltare ed estrapolare informazioni preziose
II. Indaga sui problemi, non sulle soluzioni che propongono
Fornire una soluzione è il tuo compito, non il compito del cliente. Evitiamo pertanto di fare delle domande in cui chiediamo dei suggerimenti sul prodotto o sulle funzionalità di esso.
C’è solo una domanda dove il cliente potrebbe ipotizzare una soluzione, è un punto che suggerisco di inserire in qualunque questionario o intervista dal vivo, ed è questo:
“Se avessi una bacchetta magica, come risolveresti questo problema?”
Emergeranno soluzioni di ogni tipo, qualche idea sarà sicuramente irrealizzabile, altre potrebbero darti degli spunti preziosi.
“Never ask users for features. Never ask users to tell you what they want. It’s not the user’s job to come up with features. That’s your job. The user’s job is to give you problems. And so, I would assume that if you were talking to these users, there’s some continuity in the problems that they have. They probably have no idea how to solve the problem.” – Eric Migicovsky
III. Parla in maniera specifica, non ipotetica
Fai solamente domande mirate e che non possano confondere la persona o rappresentare degli scenari ipotetici. In questa fase, consiglio di bandire tutte le frasi del tipo “Se potessi…”, “Ti piacerebbe se…”.
Alcune domande che vanno sempre bene quando intervisti un cliente:
- Puoi raccontarmi dell’ultima volta che hai avuto questo problema? (è ben diverso da chiedere: “Hai già avuto questo problema”)
- Qual è stata la parte più difficile nel superare il problema?
- Perché era così difficile?
- Ogni quanto si manifesta il problema?
- Quanto ritieni grave il problema?
- Quali soluzioni hai già provato?
- Ci sono delle soluzioni fatte in casa o fai-da-te?
- Cosa succede quando non riesci a risolvere il problema?
- Cosa non ti piace delle soluzioni che hai già provato?
5. Fai testare il prodotto ad alcuni clienti prima di lanciarlo sul mercato
Un’altra pratica ricorrente nelle Startup sono le “UX testing session”. Delle sessioni dove i clienti testano con mano il prodotto e l’esperienza legata ad esso.
C’è da dire che la maggior parte delle Startup in cui vengono utilizzate le UX testing session sono applicazioni o piattaforme digitali. Il test consiste quindi nell’utilizzare l’app o il sito in questione. L’utente dovrebbe riuscire a svolgere qualunque azione senza ricevere delle spiegazioni: come aggiungere un prodotto al carrello, come registrarsi e creare un account, come modificare la foto del profilo ecc.
Ux testing sessions:
- Devono essere delle sessioni semplici ma non guidate
- Hai bisogno solamente di 3-5 sessioni per coprire la maggior parte delle criticità
Condurre delle prove di usabilità o di consumo del prodotto è utile in qualunque ambito.

Un ristoratore prima di inserire un nuovo piatto in carta dovrebbe farlo assaggiare ad un paio di clienti. Un commercialista potrebbe lanciare un video-corso di formazione per ottenere dei “clienti più preparati”, prima di registrare il corso potrebbe provare a svolgere un’ora di lezione con un paio di clienti scelti.
Come fare delle sessioni di UX:
- Chiedi a qualcuno di utilizzare il sito/applicazione/piattaforma/prodotto davanti a te
- Incoraggialo a fornirti dei feedback onesti
- Chiedigli di compiere delle determinate azioni
- Non fare e non dire nulla per aiutarlo (non sei autorizzato a toccare la tastiera/il telefono)
Questi test sono utili anche se non lavori nel digitale. Quando ero piccolo ricordo che mio padre utilizzava un pentolino con il manico in ferro, quando cucinava il manico diventava incandescente, ogni volta era un incubo, anche perché cucinare tutto il tempo con in mano una presa da cucina non è il massimo della comodità. Sarebbe bastato fare un test di usabilità per scoprire questo problema.
6. Procedi a piccoli passi ma preparati a svoltare in fretta
Esistono tante definizioni di Startup, una delle mie preferite, che tra l’altro è anche una delle più accettate dagli addetti al settore è quella di Eric Ries, autore del celebre libro “Partire leggeri”.
Una startup è un’istituzione concepita per offrire nuovi prodotti o servizi in condizioni di estrema incertezza
Ho scelto questa definizione perché sottolinea un aspetto fondamentale di una startup: uno scenario di assoluta incertezza. Le startup operano spesso in nuovi mercati, con nuove tecnologie e proponendo prodotti mai visti prima. Affrontare delle condizioni di incertezza e di rischio collegate a questa situazione è all’ordine del giorno.
>> Risk management, definizione e 9 consigli pratici
C’è un modo per mitigare il rischio, ed è la prudenza. Pensare non due, non tre ma decine di volte prima di compiere un grosso investimento o prima di attuare una modifica al prodotto. Ho già parlato di questo tema qui:
Non voglio soffermarmi molto perché ne ho già parlato, aggiungo però un passaggio: bisogna procedere gradualmente e allo stesso tempo essere pronti a svoltare in fretta.
Un giorno sei un piccolo sito utilizzato dagli studenti della tua università, il giorno dopo sei il social network più utilizzato al mondo. Un giorno provi nel tuo piccolo a vendere dei libri online e il giorno dopo sei il più grande negozio al mondo.
Flessibilità ed adattabilità sono due principi chiave per poter domare dei cambiamenti repentini, nel bene e nel male.
Ho sempre detto che questa rubrica “management per tutti” deve offrire degli spunti pratici. Che cosa puoi imparare da questo ultimo consiglio? Te lo spiego facendoti un paio di esempi concreti.
1. Non lanciarti a capofitto sulle cose
- Esempio A: Non puoi licenziare l’intero personale da un giorno all’altro, allo stesso tempo devi liberarti in fretta di chi danneggia l’ambiente con un carattere negativo.
- Esempio B: Non è fattibile una nuova metodologia di lavoro, come può essere lo Scrum, in mezza giornata. Devi prima spiegare ai collaboratori perché secondo te sia la scelta giusta, formare le persone incaricate, assegnare delle responsabilità…
2. Agisci in fretta:
- Sei stufo del gestionale che utilizzate ormai da anni e hai trovato un’alternativa migliore? Cambia gestionale il prima possibile.
- Credi che il vostro commercialista non sia all’altezza e un tuo amico ti ha fatto il nome di un altro commercialista affidabile? Cambia il commercialista e fallo alla svelta.
Rimanere fissati a vecchie abitudini è pericoloso. Frasi come: “Abbiamo sempre fatto così” sono il male assoluto per un’azienda che vuole crescere. Concludo citando Churchill:
Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare.
Per oggi è tutto, se l’argomento ti dovesse interessare ho selezionato alcuni libri che consiglio di leggere sul mondo Startup e modelli di Business, puoi vedere la lista cliccando qui.
