fyre festival podcast 34 disamina fallimento cover
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Ps: questa è una semplice e grossolana trascrizione non rivisitata della puntata.

Tempo di lettura: 8 minuti

Oggi voglio fare una disamina di Fyre festival, la più grande festa mai avvenuta. 

Benvenuto a questa nuova puntata di spunta uno spunto, mi sono preso una pausa, fin troppo lunga ma finalmente ci siamo. E vorrei ripartire con una puntata che possa far da tramite da quella che possiamo chiamare la prima stagione del mio podcast e spalancare le porte a quella che sarà la seconda stagione.

Stavo cercando un argomento che potesse riassumere le puntate passate e fare da filo conduttore tra tutti gli argomenti trattati e ho deciso di farlo analizzando un caso studio, un caso studio che non è mio ed è di dominio pubblico, tanto che ne hanno fatto persino un documentario su Netflix, quindi non c’è speculazione o pareri personali, è una pura osservazione oggettiva.

Cosa doveva essere Fyre Festival

 

Trovate appunto il documentario su Netflix, Fyre festival Il Fyre Festival fu un festival musicale che si sarebbe dovuto svolgere in un’isola delle Bahamas per due settimane da aprile a maggio 2017.

La faccio breve e poi passiamo all’analisi. L’imprenditore Billy McFarland, fondatore della Fyre Media stava per lanciare un applicazione, chiamata Fyre, che permetteva alle persone di ingaggiare un Dj, un cantante o un vip per feste e concerti privati. Per promuovere questa applicazione decise di organizzare un super festival di 15 giorni in un’isola tropicale. Sarebbe dovuto essere qualcosa di maestoso, gigantesco, 15 giorni di musica, buona cucina, feste in spiaggia, viaggi su navi da sogno e il tutto inserito in un contesto estremamente lussuoso.

Per mesi fecero delle grandissime campagne promozionali e i biglietti andarono sold-out in pochissimo tempo. Problema, Billy e il suo team provarono ad organizzare qualcosa di troppo più grande di loro e fu un vero fiasco. Anche perché presero un’isola praticamente deserta senza nulla. Invece di villette lussuosissime c’erano delle capanne annacquate da un’alluvione di qualche giorno prima. Invece di una cucina stellata davano dei panini, l’acqua potabile terminò dopo pochi giorni, nessun artista e Dj internazionale come promesso, niente corrente elettrica, la maggior parte delle persone persero le valigie, insomma un incubo, un film dell’orrore. Un incubo senza uscita, perché non c’era l’aeroporto e non doveva arrivare nessun volo per i prossimi 15 giorni.

Ovviamente ci furono delle gravi e lecite aggiungo io, conseguenze, chiudo citando un passaggio da Wikipedia.

Gli organizzatori, a causa di ciò, furono oggetto di otto cause legali, una delle quali chiese più di 100 milioni di dollari di risarcimento danni. Le cause imputarono agli organizzatori di aver frodato gli acquirenti dei biglietti. Il 30 giugno 2017, il Procuratore degli Stati Uniti per il Distretto Sud di New York accusò McFarland di frode informatica. Nel marzo 2018, si dichiarò colpevole del reato di frode telematica finalizzata a truffare gli investitori e di una seconda accusa di frode ai danni del circuito di vendita dei biglietti. L’11 ottobre 2018 McFarland fu condannato a sei anni di carcere. Gli furono confiscati 26 milioni di dollari per frode informatica.

Insomma, un disastro colossale, trovate comunque il documentario su Netflix, adesso possiamo passare alla nostra analisi.

Analisi Fyre Festival, la più grande festa mai avvenuta

 

Passiamo alla disamina, ho evidenziato alcuni punti che secondo me hanno portato a questo gigantesco flop, sono piccoli tasselli che sommati illustrato un puzzle completo.

1. Nessuna analisi di fattibilità.

 

E questo è lampante. Piccolo ripasso, l’analisi di fattibilità di un progetto raccoglie spunti, dati, stime e informazioni che permettono di valutare l’apertura o meno di un progetto, fornendo motivazioni, chiarimenti e descrivendo con cura le opportunità potenziali. In pratica l’analisi di fattibilità serve a a decidere se sia appunto fattibile avviare o meno un progetto.

Perché dico che non è stata fatta nessun’analisi, per lo meno in maniera dettagliata, perché ogni elemento dell’analisi di fattibilità avrebbe evidenziato l’impossibilità di riuscire nell’impresa.

Partiamo dal budget, era impossibile, anche risparmiando all’inverosimile e sottopagando qualsiasi addetto ai lavori stare dentro le risorse che erano disponibili. Il festival, per come era stato pensato sarebbe dovuto costare qualche zero in più del budget disponibile. Sarebbe bastata questa voce per dire “okay, o ridimensioniamo la cosa o non si fa”. Il bello che si fecero pure fare dei preventivi da degli addetti al settore, esperti nell’organizzazione di eventi del genere. Però secondo loro erano troppo alti e quindi se la sarebbero cavata da soli.

Capite l’assurdità, richiedi non uno, ma diversi preventivi, da chi fa questo di lavoro, tutti si aggirano su determinate cifre, tu hai meno della metà del budget minimo e decidi di partire lo stesso.

Anche la stima delle tempistiche, durante una primissima e basilare analisi di fattibilità avrebbe evidenziato la stessa cosa, non puoi iniziare ad organizzare qualche mese prima un evento che richiederebbe minimo minimo un anno di tempo.

L’analisi di fattibilità avrebbe risaltato delle altre problematiche lampanti. Ad esempio la planimetria dell’isola. Dai piani originali ci sarebbero dovute essere un centinaio di villette, più i vari palchi, ristoranti e zona relax, case vacanza, piscine ecc… in un’isola che era troppo piccola, bastava a mala pena per coprire il palco. Non puoi pensare di costruire, tra l’altro in poche settimane e con un budget decisamente insufficiente qualche centinaio di villette in un’isola che non ha lo spazio per più di una decina,

Abbiamo già evidenziato tre punti evidenti, non sono dettagli che devi analizzare in profondità, sono tre punti che si evidenziano facilmente con una primissima analisi di fattibilità.

Senza contare poi l’aspetto logistico, alimentare l’energia elettrica per 2 settimane di un concerto e qualche centinaio di abitazioni non è un lavoro che fai in poche ore, non ti basta un alimentatore portatile. L’acqua e il cibo per 2 settimane, per qualche migliaio di persone sono tutti punti importanti e non trascurabili, non stiamo parlando di dettagli.

Quindi primo punto una mancata analisi di fattibilità.

2. Pianificazione troppo grezza

 

Secondo punto, sempre in fase di progettazione, una pianificazione troppo sommatoria.

Il documentario di Netflix sarà sicuramente stato romanzato, ma anche andando a leggere le interviste, sembra proprio che ci fosse una sorta di pianificazione alla giornata. Oggi proviamo a pensare al cibo, domani alle tende, dopodomani contattiamo qualche Dj, tra una settimana torniamo al cibo.

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Non serve un genio o un addetto al settore per capire che ad un evento di tale portata serve una pianificazione precisa. Ogni area, dall’organizzazione, alla promozione, alla costruzione del palco e delle infrastrutture, ogni punto deve avere una propria pianificazione dettagliata. E i lavori dovranno andare di pari passo, altrimenti non ti salvi più.

3. Know-how insufficiente

 

Terzo punto, che è poi un 2b, una grossa lacuna di Know-How.

Detto in parole povere, mancavano le conoscenze e l’esperienza necessaria per affrontare un progetto simile. Nessuno, né McFarland ne il suo team aveva mai affrontato l’organizzazione di un evento del genere, ma neanche l’organizzazione di un evento in generale, non era il loro mestiere.

Si vocifera, poi non so quanto sia leggenda, che McFarland, il fondatore scrisse su Google qualche settimana prima dell’evento “Come affittare un palco”, ma stiamo scherzando?

Non fraintendermi, sembra un punto estremamente scontato, è ovvio che in ogni lavoro serve la conoscenza necessaria. Però in base al budget disponibile e al tempo a disposizione ci si potrebbe adattare, specie nelle Startup o in aziende che non stanno affrontando periodi semplici bisogna fare di necessità virtù. Penso ai sitiweb. Tutti abbiamo bisogno di un sito, non tutti abbiamo la possibilità di ingaggiare uno sviluppatore. 

Bene, potremmo utilizzare qualche software come WordPress o Wix, non verrà un capolavoro, ma sono strumenti che riesce ad utilizzare chiunque. Però attenzione, così andremmo ad usufruire indirettamente del know-how di qualcun altro, che sia direttamente o indirettamente ma conoscenze ed esperienza servono, in ogni lavoro, e si possono sostanzialmente reperire in tre modi:

  • Ingaggiando una persona esperta
  • Consultando una persona esperta
  • Formandosi

E vale in qualsiasi disciplina e per qualsiasi cosa. O ingaggi qualcuno che sappia fare il lavoro, o consulti una persona che lo sappia fare o ti formi per farlo tu, non ci sono altre soluzioni.

Che cosa possiamo imparare da questi tre punti, che ricapitolo, mancata analisi di fattibilità, mancata pianificazione e mancato know how necessario. Forse non rientra nei tuoi piani organizzare uno dei festival più grandi della storia, però avrai delle attività significative, dei progetti da portare avanti. Che sia lanciare un nuovo prodotto, digitalizzare le vendite lanciando un e-commerce, ingaggiare una nuova persona, partecipare alla fiera di settore, o anche organizzare un evento aziendale, partiamo sempre chiedendoci “abbiamo il budget, le risorse, il tempo, le persone e le competenze per farlo?”

Già vi sento obiettare “cristian non sono mica scemo, le faccio già queste cose”. E ci credo, ma il team di Fyre, nonostante gli sbagli colossali, era seguito da importanti investitori e c’erano in ballo milioni e milioni di dollari, non parliamo di spiccioli. E se persino società del genere finiscono per commettere errori simili, forse è il caso di ripensarci su due volte anche noi nel nostro piccolo.

Andiamo avanti.

Cambio ambito, parliamo un po’ di marketing. E qui è dove apparentemente sono stati bravi, perché hanno fatto soldout dopo poche ore, perché ne parlava tutto il mondo. Quindi a livello di promozione e PR bravissimi. Anche perché hanno innescato un bel meccanismo di PR, a furia di ingaggiare uno, due, cento influencer, pagati da loro, poi però media, giornali, tv, radio, hanno iniziato a loro volta parlare del festival senza essere pagati, le PR funzionano così.

Quindi sì, apparentemente a livello di marketing sono stati bravi. Però non è tutto oro ciò che luccica, cerchiamo di non essere superficiali nell’analisi.

4. Posizionamento sbagliato

 

Ricapito, loro volevano promuovere un’applicazione che permettesse a prezzi contenuti di ingaggiare Dj e vip vari. Per farlo hanno deciso di organizzare un festival ultra costoso e di estremo lusso.

C’è un forte problema di posizionamento. Vuoi promuovere un’applicazione per tutti, che dovrà diventare mainstream, e lo fai con un evento accessibile soltanto ad una nicchia benestante? Non vado a promuovere delle scarpe da calcio ad un corso di danza.

5. Suddivisione sbagliata del budget
 

Andate a leggervi, o guardate il documentario, le cifre che hanno investito in marketing. Hanno ingaggiato centinaia degli influencer più famosi del mondo, affittato un’isola per un’intera settimana, filmato tutto e lanciato un trailer di promo, anche qui, era davvero necessario fare festa per una settimana per registrare un video di pochi minuti?

L’obiezione potrebbe essere “Però ha funzionato”, sarà, ma è andato sold-out dopo poche ore, spendendo un capitale folle in advertising, non so nemmeno se siano andati in pareggio. Bisogna trovare un equilibrio. Tralasciando l’assurdità di non avere poi il budget per l’organizzazione fisica, okay i risultati, però forse è stato fatto un investimento eccessivo.

Invece di 100 influencer ingaggiane 40, invece di fare baldoria per una settimana filma il tutto in un pomeriggio, e via dicendo. Magari non farai sold-out in poche ore ma in pochi giorni. Che poi la spesa non è per forza proporzionale al numero di vendite.

In ogni caso questo ci deve insegnare una cosa, prestare maggiore attenzione alla suddivisione del budget, il marketing, per quanto sia una voce fondamentale, è il motore di ogni azienda, non può essere l’80-90-95 % dei costi totali. Banalizzo un po’ il concetto, però va bene avere una bella copertina, ma il contenuto del libro è la vera ciccia che conta, chiaro?

6. Non sottovalutare il customer care

 

Tocchiamo un altro punto, mi sposto e nemmeno di molto dall’ambito marketing, ed è investire poco e non ottimizzare il customer care.

Anche nel documentario viene mostrato bene quanto siano andati in crisi pochi giorni prima, durante e dopo il festival. Tutte le caselle di email, i profili social, i commenti, i telefoni, erano bombardati da domande, richieste di assistenza, di rimborso ecc… Finché non ci stavano dietro e hanno smesso di rispondere del tutto.

Era un disastro ormai certo, quindi non sarebbe stato rispondere alle email a fare la differenza, però il customer care è importante. Più cresciamo e più dobbiamo tenerne in considerazione.

Investiamo in customer care ed ottimizziamo il customer care. Ad esempio centralizzando il tutto. Ci sono dei servizi che ti permettono di ricevere nella stessa piattaforma tutte le chiamate, tutte le email associate ai tuoi indirizzi, tutti i messaggi sui social, tutti i messaggi dai moduli di contatto sul sito web e dalle chat. Questo agevola e di molto il lavoro.

Un altro punto è quello di documentare e ottimizzare le procedure, creando una sorta di mansionario, questo velocizza l’inserimento di una nuova persona in un team di lavoro, minimizza i rischi e aumenta l’efficacia dei lavori.

Mi raccomando, non sottovalutiamo il customer care e non è retorica, ma in un mondo in cui per praticamente qualsiasi prodotto e servizio abbiamo almeno un paio di concorrenti, il modo, la velocità e la qualità in cui rispondiamo a domande, dubbi e richieste di assistenza fa la differenza

Andiamo avanti e torniamo nel mondo del project management

7. Il risk management non è opzionale

 

Uno sbaglio evidente che hanno commesso è stato quello di non avere un piano dei rischi, di non aver investito in risk management.

Ne ho parlato in diverse occasioni, ho anche scritto un articolo di recente sul blog. Dobbiamo prendere questa maledetta abitudine, prima di ogni progetto e di ogni attività, anche a lavori in corso, cerchiamo di identificare i rischi e gli imprevisti che potrebbero capitare. E in seguito capiamo come prevedere, eliminare o fronteggiare questi rischi.

Leggi l’articolo: –Risk management, definizione, concetti chiave e 9 consigli pratici– 

Cosa faremmo se dovesse piovere pochi giorni prima del festival ed allagare tutti gli alloggi? Come ci comporteremmo se un Dj rinunciasse all’ultimo momento? Se terminasse l’acqua?

Più un progetto è grande e più il risk management non può passare inosservato.

A tal proposito, quando in fase di progettazione andiamo a stimare costi e tempistiche ha sempre senso prevedere più scenari, ad esempio con il diagramma di Pert, il Pert serve a stimare una media che tenga conto di uno scenario probabile, uno ottimista e uno pessimista. Il palco costerà probabilmente 20mila dollari, ma potrebbe anche costarne 5 o 50 mila. Prima di tutto individuiamo i tre scenari e poi decidiamo come comportarci.

8. Non decentralizzare la gestione finanziaria

 

A tal proposito un altro sbaglio è stato non de-centralizzare la contabilità e il controllo della cassa. E vediamo le conseguenze nella gestione del budget. Uno degli investimenti più cospicui fu un attico a New York da un paio di milioni da utilizzare come base operativa. Mi sembra giusto, non ci sono i soldi per un palco, stai organizzando un evento musicale, prima prendiamoci un attico.

Decentralizzare il controllo della cassa, far si che non ci sia solo una persona dietro le uscite permette di evitare due scenari, il primo è come in questo esempio, evitare di prendere decisioni folli o poco ragionate. Il secondo è di concentrare troppo il budget su quelle che sono le caratteristiche o le idee della persona. Lo vedo nel mio piccolo tutti i giorni, un imprenditore con un background tecnico investe molto lato tecnica e sviluppo e meno in altri aspetti, un imprenditore con un background commerciale investirà molto in reti vendita e materiale commerciale e meno nello sviluppo del prodotto.

Nel caso di Fyre tutto il budget fu investito in sfizi non necessari ed eccessive campagne di marketing, risparmiando su tutto il resto.

9. Micromanagement

 

Tocchiamo un ultimo importante concetto e vi spoilerò sarà un elemento ricorrente nella seconda stagione del podcast, non cedete al micro-management.

Il micro-management è uno stile manageriale in un cui in manager, un datore di lavoro o un capo osserva troppo da vicino e pretende di decidere in qualsiasi aspetto del lavoro, vuole dire la sua anche su dettagli irrilevanti e di poco valore.

Spesso chi sostiene il micro-management si illude di avere la situazione sempre sotto controllo e di poter aumentare l’efficacia e la produttività. Si ottiene l’esatto contrario.

Svantaggi del micro-management

  • Scarsa produttività (se devo chiedere l’approvazione per cambiare una virgola, scriverò molto più lentamente);
  • Perdita di fiducia reciproca, il manager non crede nelle potenzialità dei collaboratori, i collaboratori non credono nel manager);
  • Frustrazione collettiva (avete mai sentito una persona dire ALLEGRAMENTE “il mio capo mi sta sempre addosso, sento il suo fiato sul collo”? Non credo);
  • Minano la creatività, l’improvvisazione e l’innovazione. Le persone hanno paura di portare nuove idee;

Bene, spero di averti dato un quadro generale sufficiente per comprendere i motivi principali di questo fallimento anticipato. Ti invito a riflettere proprio sul quadro generale, abbiamo tanti piccoli tasselli, che uniti creano un puzzle, non smetterò mai di ripeterlo, raggiungere un obiettivo aziendale è come costruire un castello di carte, togli una carta e il castello crolla.

Buona serata e ci sentiamo tra 7 giorni.

Cristian Boin
Cristian Boin
Manager in affitto, affianco gli imprenditori nelle loro avventure. Hai un progetto da avviare o da portare avanti? Allora potrei essere il compagno di viaggio che fa al caso tuo. Trasformo le idee in piani d'azione e i progetti in obiettivi da raggiungere.

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1) Stabiliamo una meta da raggiungere.
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