Come migliorare un prodotto Cristian Boin podcast spunta uno spunto
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Ps: questa è una semplice e grossolana trascrizione non rivisitata della puntata.

Come migliorare un prodotto?

Come migliorare un prodotto è sicuramente una delle domande alla quale ogni imprenditore vorrebbe una risposta. Ed è abbastanza paradossale, siete voi i professionisti del vostro settore, come può un consulente esterno darvi dei consigli?

Questa puntata vale anche e sopratutto per il prodotto di frontend.

Ci sono attività legate al miglioramento oggettivo del prodotto, come gli investimenti in materie prime e innalzamento della qualità del processo produttivo. Questi investimenti sono inevitabilmente da fare. 

Un pizzaiolo per quanto possa essere bravo con delle mozzarelle di scarsa qualità non riuscirà mai a fare una pizza davvero buona. Investire nella qualità è probabilmente l’ultimo dei problemi, tutti siamo, o dovremmo essere consapevoli di come migliorare qualitativamente il nostro prodotto o servizio. Purtroppo la maggior parte degli imprenditori si limita a questo ed è estremamente sbagliato, ci sono tanti altri aspetti da considerare quando vogliamo investire nello sviluppo di un prodotto.

Dopo farò un elenco degli elementi da prendere in considerazione, ma voglio farvi un primo esempio giusto per capirci fin da subito.

La fruizione del prodotto ad esempio, è un elemento molto significativo che viene solitamente snobbato. Voglio prendere in esame il mio caso specifico. Io svolgo le ore di consulenza principalmente da remoto.  Potrei anche essere il consulente più abile della storia, ma se la mia connessione internet fosse scadente e le video chiamate andassero a scatti l’esperienza dei miei clienti non sarà buona.

Ogni volta che un piccolo negoziante accusa un cliente di comprare dalle multinazionali o dalle grandi catene usa come metro di giudizio la qualità del prodotto:

“Il mio prodotto è fatto a mano, artigianalmente e con materie prime eccellenti.”

Bravo ma la qualità non basta. Le persone non scelgono il supermercato alla bottega per motivi qualitativi. Fermo subito eventuali obiezioni legate al prezzo, le persone non scelgono il supermercato rispetto alla bottega nemmeno soltanto per ragioni economiche ma per ragioni legate all’esperienza complessiva di acquisto. Ti consiglio di leggerti l’approfondimento su Amazon e le librerie che ho scritto qualche settimana fa.

>> leggi ora l’articolo: librerie in crisi, la colpa è davvero di Amazon?

 Prima di vedere come migliorare un prodotto occorre fare un passo indietro.

Negli ultimi anni sono diversi i formatori e consulenti che stanno portando avanti la teoria del cosiddetto marketing first. Ovvero aziende che devono essere in qualche modo “marketing-centriche” e non “prodotto centriche”.

Quindi tutte le risorse i devono in qualche modo affluire principalmente nell’implementazione di un piano marketing.

Nei decenni scorsi invece le aziende erano concentrate principalmente nello sviluppo del prodotto.

Io ritengo che bisogna trovare un equilibrio tra le due parti. Il marketing è fondamentale e non può essere un dipartimento staccato dal resto dell’azienda. Dobbiamo sempre e comunque ricordiamoci che alla base di qualsiasi azienda c’è comunque la produzione, la distribuzione e lo scambio di un prodotto;  prodotto che può essere un bene o un servizio.

Investire capitale, risorse, tempo ed energia nel tentativo di migliorare un prodotto è qualcosa di estremamente importante. Non offrire dei “disservizi” lo è ancora di più.

Molti imprenditori investono regolarmente in questo genere di attività. Purtroppo troppo spesso vengono sottovalutati degli investimenti direttamente collegati con l’esperienza di consumo e fruizione del prodotto. Specialmente quando l’imprenditore è anche produttore del proprio prodotto c’é il rischio di puntare unicamente sull’alzamento della qualità oggettiva del prodotto. Invece ci sono tanti altri fronti su cui ragionare.

Non possiamo permetterci di investire unicamente in materie prime e qualità!

Dal customer care al project management, dalla fruizione del prodotto a ciò che contorna il prodotto, come l’imballaggio o i servizi pre e post acquisto, sono tanti i fattori da prendere in considerazione quando vogliamo migliorare un prodotto.

>> Ascolta ora la puntata e scopri come migliorare un prodotto!

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Cristian Boin
Manager in affitto, affianco gli imprenditori nelle loro avventure. Hai un progetto da avviare o da portare avanti? Allora potrei essere il compagno di viaggio che fa al caso tuo. Trasformo le idee in piani d'azione e i progetti in obiettivi da raggiungere.

Oggi ti suggerisco queste puntate:

professionisti che non mi piacciono

Professionisti che non mi piacciono #16

Professionisti che non mi piacciono Era da diverso tempo che non facevo una puntata “piccante”, oggi ho deciso di rimediare facendo una lista di professionisti che non mi piacciono.  Ogni settimana raccolgo in un rullino fotografico screen di post, commenti e articoli con la quale mi trovo in disaccordo. Quello che farò in questo episodio sarà commentare alcuni di questi screen. Non sarà un ordine di gravità dei fatti ma puramente cronologico. Iniziamo quindi questa lista di professionisti che non mi piacciono. 1. Chi si lava le mani Al primo posto di questa fatidica lista c’è chi si lava le mani perché: “No non è il mio lavoro, io non sono pagato per questo.” Provo a contestualizzare un attimo la faccenda. Qualche giorno fa ho letto su LinkedIn il post di un consulente mi riferisco ad un post su LinkedIn di un professionista che si occupa di advertising su Facebook. Questo professionista ha scritto di non accettare clienti che non gli sanno fornire il margine preciso di ogni prodotto. Come potrai immaginare io sono completamente d’accordo. Ho parlato dell’importanza dei margini nella puntata di settimana scorsa.  Ho apprezzato molto questo intervento e sono d’accordo. Scorrendo i commenti ho però visto diversi messaggi che non mi sono proprio piaciuti. Diversi suoi colleghi hanno risposto che non sta a loro calcolare i margini e quindi non si fanno problemi ad accettare lavori da clienti che non conoscono i margini.  Certo che non è compito loro calcolare i margini, ma da professionista non dovresti accettare lavori del genere. Altrimenti non ci sarà modo di giudicare l’operato OGGETTIVO di una campagna. Il cliente in questo modo non potrà valutare il risultato effettivo del suo investimento.  Voglio fare un altro esempio di professionisti che si lavano le mani. Pensiamo al commercialista che viene ingaggiato una volta all’anno con il solo scopo di aiutarci a compilare la dichiarazione  dei redditi, nulla di più perché abbiamo già un contabile interno. Il commercialista mentre analizza i bilanci scopre che un fornitore ha applicato un’IVA non corretta, cosa dovrebbe fare? Stare zitto e lavarsi le mani perché non è stato pagato per quello? Non mi sembra un ragionamento particolarmente corretto. Questo è un disservizio bello e buono. 2. Chi predica bene ma razzola scorrettamente Nota bene: ho scritto scorrettamente e non male, perché a razzolare male sono io il primo. Vediamo un esempio. Il personal trainer che vende programmi di allenamento per tornare in forma mettere su massa muscolare. In segreto il personal trainer assume steroidi e ricorre ad altri trucchetti, facendo l’opposto di quello che suggerisce come trainer. Il suo programma di allenamento potrebbe anche funzionare, ma in questo momento stai predicando bene e razzolando in maniera scorretta. A questa categoria aggiungo anche chi predica bene e poi cerca delle scorciatoie. Qualche giorno fa ho ricevuto una newsletter che mi invitava a partecipare ad un Webinar su come fare lead generation nel 2020. I soliti concetti molto banali: ottimizza il sito per la SEO, fai advertising nelle piattaforme più in trend del momento, indirizza il traffico su una landing page, crea un lead magnet, raccogli il contatto eccetera eccetera.  Peccato che io non mi fossi MAI iscritto a questa newsletter. Mi vuoi insegnare come fare iscrivere delle persone alla newsletter e poi compri delle liste di contatti? 4. Chi si impone senza adattarsi al contesto Torno a commentare un post su LinkedIn che ho letto questa settimana. Il post è stato scritto da un manager che spiegava di come i manager, quelli bravi, dovrebbero avere la fermezza di imporre i propri metodi, indipendentemente dal contesto. Il manager bravo (secondo lui, io la penso diversamente) dovrebbe avere il coraggio nei momenti di crisi di stravolgere tutto e mandare tutti a casa. Questo non è coraggio, questa è vigliaccheria.  Tralasciando l’aspetto morale, anche a livello produttivo è sbagliato rivoluzionare tutto dal nulla senza adattarsi al contesto.Il mondo dello sport è pieno di allenatori vincenti in una squadra che falliscono miserabilmente in un’altra, poiché ostinati ad imporre le proprie tattiche senza adattarsi ai giocatori disponibili. Punto 5: Sviluppatore di sitiweb che non ha la più pallida idea di come trovare nuovi clienti. Qualche giorno fa ho letto su un gruppo l’intervento di uno sviluppatore di sitiweb. Questo ragazzo raccontava di avere lavorato anni in un’azienda e visto che si sente ormai “esperto” vorrebbe mettersi in proprio e rivolgersi esclusivamente a piccole medio imprese. Fino a qui tutto nella regola, quello che mi ha mandato fuori di testa furono le frasi conclusive, in pratica spiegava di non avere la più pallida idea di come potesse trovare nuovi clienti, ma proprio nessuna, ha chiesto se fossero utili le pagine gialle o il porta a porta per intenderci. Ora che chi sviluppi siti web non sia un esperto di marketing ci può stare, ma il sitoweb è e rimane uno strumento di marketing cribbio! È un asset commerciale a tutti gli effetti, se non serve per vendere cosa lo proponi a fare ad una piccola medio impresa? Per vincere qualche strampalato premio come sito più bello dell’anno che poi non genera nessun cliente?  Forse bisognerebbe fare un ripasso di quali siano gli obiettivi veri che un’azienda dovrebbe avere. Piccolo spoiler: il premio sitoweb dell’anno non è uno di questi. Come fai a voler portare clienti ai tuoi clienti con il sito web, se tu in primis non hai la più pallida idea di come fare? Sia chiaro: lo sviluppatore non deve essere un marketers e nemmeno un venditore, ma qualche nozione basilare di SEO, funnel, advertising, copywrite e marketing a risposta diretta la devi avere. Chi imposta un modello di business basato sui propri vantaggi e non sui vantaggi che può generare ad un cliente.  In questa sesta categoria di professionisti che non mi vanno a genio porto un caso abbastanza similare a quello precedente. Sempre in un gruppo settoriale qualche giorno fa ho letto l’ennesimo post, che indovinate un po’? Esatto, mi ha fatto imbestialire. Ho letto il post di un ragazzo che raccontava di star

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Disservizio al cliente spunta uno spunto ristorazione #27

Disservizio al cliente nella ristorazione #27

Disservizio al cliente nel mondo della ristorazione #27 Offrire un disservizio al cliente è uno degli errori più frequenti che vedo fare regolarmente. Negli ultimi episodi ho parlato di processi e procedure, management, gestione dei progetti, strategia, costi, margini… tutti argomenti in qualche modo complessi. Oggi parliamo proprio di disservizio al cliente. Sono tutte situazioni che potremmo evitare facilmente, basterebbe pensarci un attimo di più. Cercherò di portare dei disservizi che spero possano essere da spunto per chiunque in qualunque settore, ma la maggior parte di queste idee le ho prese dal mondo della ristorazione. Non voglio fare di tutta l’erba un fascio né fare una critica settoriale. Semplicemente tutti noi siamo già stati ad un ristorante o ad un bar e quindi sono episodi in cui tutti potreste immedesimarvi. Primo disservizio frequente: smettere di erogare un prodotto o servizio prima dell’orario di chiusura.   Che fastidio quando entro in un bar per prendere un caffè, magari tre di pomeriggio, dopo un pranzo finito tardi e mi rispondono: “Mi spiace abbiamo appena pulito la macchina del caffè” La macchina bisogna pulirla quando chiudete il locale, non prima! Non esiste che un cliente ti ordini il prodotto più venduto del menù, perché parliamo di un caffè non di qualche prodotto speciale che non possiamo lasciare in magazzino, sei un bar, io al bar vado solo per prendere il caffè e tu non le vendi perché hai appena pulito la macchina? Ma stiamo scherzando? Piuttosto fammi una moka, compra una seconda macchina, fai quello che vuoi ma portami sto caffè. Altrimenti mi stai offrendo niente più e niente meno di un disservizio. Cambiamo ambito così da avere un altro punto di vista su questo disservizio, se un cliente vi manda un’email venerdì a mezzogiorno, magari è anche una comunicazione urgente, e voi rispondete solamente lunedì perché: “Ah ci dispiace venerdì pomeriggio abbiamo deciso di finire prima” Cosa vuol dire? E non lo hai nemmeno comunicato? Nel momento in cui dici siamo aperti da orario x ad orario y in queste ore devi essere disponibile e produttivo, non ci sono scuse. Non offrire il pacchetto completo: uno dei servizi è fuori uso.   Passiamo ad un altro disservizio. Sono al ristorante o al bar, devo andare in bagno ma non posso perché: “Abbiamo appena pulito il pavimento” oppure: “Ci dispiace oggi il bagno è fuori uso” Il bagno è uno dei servizi della ristorazione, se tu non me ne dai accesso è un disservizio grave, perché fa parte del pacchetto completo. Non posso andare dal massaggiatore e sentirmi dire: “Oggi non usiamo il lettino perché si è rotta una gamba, sdraiati sul pavimento”. O andare in piscina e sentirmi dire: “non puoi usare gli spogliatoi” e che faccio mi spoglio davanti a tutti? Questi sono disservizi non da poco, inviti un cliente importante in ufficio ma “la sala riunioni è in manutenzione andiamo a sederci su una panchina al parco”, ma per favore. Ogni servizio o ogni aspetto legato all’esperienza del cliente deve funzionare. Un hotel non deve aprire quando l’acqua calda non va, un parrucchiere non può aprire quando l’aria condizionata è rotta, un consulente che lavora da remoto non può fare le consulenze quando la connessione internet è scarsa. Non accettare prenotazioni e/o non prendere appuntamenti con largo anticipo.   Tocchiamo un altro disservizio classico, ovvero non accettare prenotazioni. Questo vale nella ristorazione ma anche per parrucchieri, estetisti, massaggiatori, ma anche nel B2B c’è chi non accetta appuntamenti e riunioni programmate con largo anticipo. Ci sono quei consulenti che ti dicono: “Accetto solo impegni per le prossime due settimane.” C’è un po’ questo falso mito nella ristorazione che i posti prenotati rubino spazio ad altri clienti. Innanzitutto bisognerebbe come fanno all’estero inserire una penale per chi non si presenta. Inoltre chi prenota in media è un cliente molto più spendente di altri. Io non vado spesso a cena fuori, ma quando lo faccio lo faccio per bene, siamo sempre dei gruppi numerosi, da 10-15 persone e ci coccoliamo un po’, aperitivo, antipasto, primo, secondo e dolce, qualche bella bottiglia di vino e via dicendo. E visto che le cene le organizzo quasi sempre io e in qualche modo sento la responsabilità visto che ci metto la faccia, ma col cavolo che vado in un posto dove non accettano le prenotazioni. Che faccio invito 15 amici, do appuntamento davanti al ristorante per poi magari sentirci dire: “mi spiace è tutto occupato?” E questo vale in qualsiasi settore, ripeto anche nel B2B o per chi vende servizi. Ci sono clienti che il 2 gennaio di ogni anno vogliono avere pianificato tutto l’anno a venire. Ti costa tanto accettare a gennaio un appuntamento che si svolgerà a giugno? Traduzioni sbagliate   Un altro disservizio classico e noi italiani in questo siamo maestri in tutto il mondo sono le traduzioni sbagliate. E in questo faccio ammenda io per primo perché l’inglese lo so peggio di quello che dovrei, infatti non mi metto a scrivere nulla in inglese. È assurdo che noi italiani sbagliamo a scrivere i menù in inglese in Italia, mentre i ristoranti italiani all’estero gestiti da italiani sbagliano a scrivere l’italiano. Ma è impressionante, in qualsiasi ristorante italiano all’estero e ripeto anche gestito da italiani non sanno scrivere in italiano. Sei via dall’Italia da 2 mesi e ti sei già dimenticato che fettucine non si scrive con 5 T e che si scrive vongole non vongiole. Capisco che poi ci siano italiani all’estero da tre quattro generazioni e che quindi non abbiano un italiano fluido, ma allora assumete un traduttore. Le traduzioni sono un po’ come il bagno chiuso, nel momento in cui ti metti in gioco e offri un servizio deve essere fatto decentemente. Se non le sai fare le traduzioni e sei tirchio da non investire 100 euro in un traduttore professionista non farle, sono serio, meglio non avere le traduzioni che avercele fatte mate. Questo vale per i menù al ristorante ma per qualsiasi genere di comunicazione. Anche la moda per fortuna passata di qualche anno fa

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Affianco gli imprenditori nelle loro avventure:
1) Stabiliamo una meta da raggiungere.
2) Tracciamo possibili rotte da seguire.
3) Prepariamo il necessario per partire.
4) Partiamo!

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