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SPUNTA UNO SPUNTO

Una nuova puntata ogni giovedì. In questo podcast proverò a fornirti in breve tempo un nuovo spunto di riflessione per la settimana a venire. L’obiettivo è quello di aiutarti a fare un passettino in avanti ad ogni nuova puntata.

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ULTIMA PUNTATA

Tempo di lettura: 8 minuti

Guida pratica per manager all’improvviso.

Sei un imprenditore e hai deciso di dare una svolta all’organizzazione e alla gestione dei progetti? Sei un collaboratore che dal nulla si trova ad essere il leader di un team o anche solo di un team di progetto? Sei un’assistente di un capo troppo disorganizzato e vuoi cambiare le cose? Siete una piccola startup?

Questa puntata è dedicata a chiunque si trovi, o si dovesse trovare a gestire un progetto, un team, parte di un progetto o parte di un team all’improvviso o senza aver mai studiato management. farò chiaramente soltanto un ripassino dei vari concetti senza rifare da zero la lezioncina altrimenti verrebbe fuori una puntata da 6 ore e mezza

Cambio di prospettiva

Questa mini guida sarà divisa in tre fasi ma prima di entrare nel vivo dobbiamo partire da una fase preliminare che ho chiamato cambio di prospettiva. Per svolgere bene questo ruolo è necessario fissare dei paletti che saranno il denominatore in comune di qualsiasi progetto, dobbiamo proprio cambiare e in alcuni casi stravolgere l’approccio che abbiamo al lavoro.

Da idea a piano d’azione

 

Il primo approccio da cambiare è la concezione che diamo alla parola idea. Un’idea senza un piano d’azione è un’idea che rimarrà tale, cerchiamo quindi di vedere il cosa serve per far partire l’idea come parte dell’idea stessa, il piano d’azione diventa una parte integrante di un obiettivo.

E possiamo allenare questo cambio di paradigma anche nel quotidiano nella vita privata. Invece di dire “senti prossimamente potremmo andare a mangiare qualcosa”, cambia la frase in “un sabato sera, io te e luca potremmo mangiarci una pizza al ristorante Acqua e Farina”

Risulterete pesanti, vi farete odiare, ma è una cosa che paga, paga tantissimo, vedrete il numero di idee trasformate in progetti aumentare esponenzialmente, ma anche la qualità dei risultati aumenterà, così come migliorerà l’esecuzione dei lavori.

Quindi la prossima volta che un collega, un cliente, un capo vi proporrà un’idea, anche in fase preliminare, anche quando siete soltanto in fase di brainstorming, provate fin da subito a stabilire una sintesi di piano d’azione. Questa è l’idea, per eseguirla dobbiamo fare A-B-C, ci potremmo mettere dai 50-70 giorni, costerà 2000franchi, tizio potrebbe essere il responsabile di A, Caio di B e sempronio di C.

Questo non è un piano d’azione definitivo, è un sommario, una bozza, che verrà approfondita e scomposta in caso l’idea dovesse partire o si dovesse andare avanti, ma questo ci aiuta ad archiviare in modo propositivo nel cassetto delle idee, o per qualcuno nel BACK-LOG i nostri progetti futuri o anche solo potenziali.

Definire processi chiave e/o ricorrenti

 

Seconda prospettiva da cambiare, iniziamo a processare, iniziamo a definire in maniera regolare delle attività, dei processi chiave, ricorrenti o ad alto impatto. Quando parlo di processi tendete tutti a spaventarvi, per processare intendo semplicemente dato un lavoro ricorrente, come può essere emettere una fattura da un cliente, proviamo ad identificare i passaggi da fare per eseguire questa attività. Non preoccupatevi della forma, per alcuni processi saranno necessarie pagine e pagine di spiegazioni, video dimostrazioni, un elenco di errori da non fare e tutte le cose che abbiamo già visto e rivisto nei mesi scorsi, ma in alcuni casi basta veramente un elenco puntato, scrivete questo elenco in un file e lo condividete, stop.

Senza un processo definito stai seguendo dei passaggi a memoria, in maniera più o meno logica e in un ordine più o meno prestabilito. E se vogliamo puntare all’eccellenza in tutto ciò che facciamo non possiamo permetterci la casualità.

Iniziate a tenere traccia di tutto.

 

Anche in questo caso deve essere un attività veloce da fare, non può prendervi troppo tempo o farvi impazzire, ma tenete traccia di tutto, il come sceglietelo voi.

E cosa dobbiamo osservare e poi tracciare:

  • Obiettivi
  • Appunti e resoconti di una riunione
  • Lesson learned, sbagli commessi, errori imprevisti, rischi inattesi, ma anche consigli, best practice, note positive, teniamo traccia di tutto

E infine teniamo traccia dello stato di avanzamento dei lavori. Senza entrare troppo nel dettaglio altrimenti diventa un lavoro poco funzionale e troppo dispersivo, ma come manager dovremmo sapere a che punto siano i lavori, chi stia facendo che cosa e in che punto si trovino.

Fase 1: progettazione dei lavori

 

Perfetto adesso passiamo alla prima fase effettiva di lavoro, la fase di start, di progettazione dei lavori.

Coinvolgere gli stakeholder chiave

 

La primissima cosa da fare è coinvolgere gli stakeholder chiave di progetto, e questo vale sia come fase di lavoro ma anche come consiglio universale. Chi sono le persone più influenti, impattanti e importanti per l’avvio, l’esecuzione e l’approvazione del progetto? È inutile mettersi a fare tanti piani d’azione, business plan, stime e preventivi senza prima aver coinvolto il capo reparto, l’imprenditore o il cliente committente, il tecnico o la persona responsabile dell’esecuzione, i collaboratori, quindi i membri del team, eventuali fornitori rilevanti o gli sponsor del progetto.

Altrimenti rischiamo di fare delle analisi a vuoto, che non servono, che non ci approveranno, oppure di allestire dei piani senza avere le competenze di un tecnico o del team per valutare la fattibilità del progetto stesso.

Definire obiettivi

 

Fissare degli obiettivi chiari, ben definiti e sempre visibili a tutti. c’è poco da fare, identificare la metà finale è fondamentale per iniziare un viaggio, senza sapere dove stiamo andando non possiamo sapere nemmeno cosa dobbiamo fare.

Obiettivi che devono in qualche modo fare un effetto matrioska, avremo degli obiettivi a lungo termine, che usando paroloni sono la vision e la mission di progetto o addirittura dell’azienda intera, a medio termine, quindi obiettivi annuali, semestrali e trimestrali, e infine nel breve periodo, parliamo di obiettivi mensili e settimanali.

E nel caso degli obiettivi a breve termine diventano poi dei lavori da eseguire, delle task da svolgere, e la somma di queste task dovrebbe generare come risultato il raggiungimento degli obiettivi a medio termine, la somma degli obiettivi a medio termine genereranno il raggiungimento degli obiettivi a lungo, chiaro?

Non ho citato gli obiettivi giornalieri, perché tanti di voi come me lavorano da remoto e con team piccoli, spesso composti principalmente da collaboratori esterni, e quindi la definizione di un obiettivo giornaliero rischia di essere pesante e poco funzionale, oppure non abbiamo proprio l’autorizzazione di stabilire gli obiettivi giornalieri delle persone, e comunque il più delle volte è una pratica che sconsiglio, limitiamoci ad un piano settimanale. Che è in linea con il concetto di smartworking, lo smartworking quello vero, dove si lavora ad obiettivi e non quella porcheria di smartworking che hanno dipinto media e autorità che altro non è che il lavoro da casa. Tu sai che questa settimana devi fare questi compiti, fai tutto lunedì, lavori di notte, ti gestisci da solo, sono affari tuoi. Poi a dipendenza dei casi certamente potrebbe avere una sua utilità sapere oggi su che cosa lavora Francesca, che cosa farà domani Gianni. Ma in linea di massima fermiamoci agli obiettivi settimanali.

Nella definizione degli obiettivi abbiamo la prima applicazione del cambio di prospettiva che ho spiegato prima, vedere il piano d’azione di un’idea come parte integrante dell’idea. Quando definiamo un obiettivo cerchiamo già di individuare i risultati chiave, le metriche, i blocchi di attività da svolgere per raggiungere l’obiettivo.

Porto sempre il classico esempio della famiglia felice che vuole organizzare il natale, l’obiettivo è organizzare un natale con i fiocchi, partiamo con l’individuare i capitoli, i blocchi di attività, cibo, regali e addobbi, suddividiamo i lavori, stimiamo tempi e budget, assegniamo le responsabilità e si parte.

È importante individuare anche delle metriche, dei KPI ben definiti che ci facciano stabilire senza ombra di dubbio se l’obiettivo sia stato raggiunto o meno, non può esserci una risposta soggettiva.

Il mio consiglio è di essere ambiziosi nella definizione delle metriche. L’obiettivo settimanale è chiudere 10 nuovi contratti, il successo non è chiuderne 10, ma chiuderne 7,8, quindi avere una percentuale di riuscita del 70-80%, chiaro meglio raggiungere il 100% che il 10 o 20%, ma diffidate dei collaboratori che riescono a completare il 100% dei propri obiettivi, probabilmente avrebbero potuto fare di più e fare meglio.

Per la definizione sapete come la penso, io sono propenso all’auto definizione, affidatevi alle competenze delle persone, integrate un metodo top down con il bottom up, voi stabilite la direzione e i macro obiettivi, poi starà alle persone capire quale sia il modo migliore che hanno per aiutarvi.

E dopo aver definito gli obiettivi che cosa facciamo?

Allineamento

 

Rullo di tamburi, ebbene sì è arrivato il momento della fatidica parola: allineamento! Non poteva mancare, l’ho chiamata in tutte le ultime 20 puntate e sarebbe stato scortese non invitarla alla puntata di chiusura.

Metaforicamente parlando non basta essere tutti sulla stessa barca, dobbiamo essere tutti in chiaro sulla destinazione e sulla direzione da prendere, in modo da remare tutti in maniera sinfonica, come la migliore delle orchestre.

Quindi spiegate alle persone quelli che sono gli obiettivi, i piani e i progetti futuri, ma non limitatevi a questo, fornite anche delle motivazioni, quali sono stati i ragionamenti e i pensieri dietro a queste decisioni e a queste pianificazioni. Tutti devono essere ben in chiaro su cosa fare, come farlo e sul perché lo stiano facendo.

Fase 2: definire un piano d’azione

 

Il punto di partenza per qualsiasi piano d’azione è la scomposizione dei lavori. Dato un progetto, dato un lavoro suddividiamolo subito in blocchi e in sottoblocchi. Pensate ad un libro, il signore degli anelli per fare un esempio, è diviso in tre blocchi, in tre parti, ogni parte è divisa in capitoli è ogni capitolo in paragrafo.

Come si suddivide varia a dipendenza del contesto, qualcuno potrebbe suddividerlo in blocchi di lavoro e poi nelle singole attività, qualcuno in fasi di lavoro e poi nei singoli lavori. L’importante è dato un progetto grande suddividerlo in blocchi, poi in blocchetti e poi in singole task

Anche in questo caso sappiate che all’inizio vi farete odiare, sarete irritanti, ma vedrete che a lungo andare le persone apprezzeranno. Per il come sta sempre a scelta vostra. Che sia una mappa mentale, una WBS, un elenco puntato con i rientri, un indice dei lavori, ma fatelo.

Tra l’altro pure questa pratica potete allenarla nel quotidiano e nella vita privata.

  • Titolo del progetto: pulizie di primavera
    • Blocco 1: cucina
    • Blocco 2: bagno
    • Blocco 3: camera da letto
      • 3.1 Armadi
      • 3.2 pavimenti
      • 3.3 vetri
      • 3.4 letto

La scomposizione è il punto di partenza per ogni piano d’azione, una volta fatta possiamo passare a stimare:

  • Tempistiche, durate, date di inizio e termini massimi
  • Costi e risorse
  • Ruoli e responsabilità

Due raccomandazioni per questa fase di scomposizione e progettazione: formalizzate il tutto, non possono esserci fraintendimenti o ambiguità su chi debba fare che cosa

E la seconda è di prevedere sempre diversi scenari. Senza farvi una lezioncina sulla Pert, sulla stima a tre valori, l’importante è che quando stimate costi e tempistiche prevediate sempre più scenari, uno più positivo e uno negativo, quindi più costoso o con dei ritardi, poi sta a voi scegliere come comportarvi, volete fare la media dei diversi scenari, oppure aggiungere un cuscinetto, una riserva di gestione, prevedere dei tempi più lunghi, fate vobis.

A questo punto possiamo passare all’analisi dei rischi. Anche in questo caso non spaventatevi e non fatevi assalire dal panico, nulla di troppo complicato. Prendete la scomposizione dei lavori e i numeri delle stime, ora provate ad individuare quelli che potrebbero essere i rischi più probabili o con le conseguenze maggiori. Ritardi, imprevisti, colli di bottiglia, difetti, problemi, qualsiasi rischio che impatterebbe sullo svolgimento del progetto.

Una volta individuati i rischi proviamo a stabilire una strategia per fronteggiare questi rischi, cosa possiamo fare per diminuire la probabilità che il rischio incomba? Quindi un discorso di prevenire e tutelarsi in anticipo, e in seguito proviamo a capire okay abbiamo fatto il possibile per prevenirlo, non è bastato e siamo di fronte al problema X, come ci comportiamo?

E infine terminiamo la fase 2, la definizione del piano d’azione con i controlli qualità. Abbiamo definito gli obiettivi, coinvolti gli stakeholder, allineato l team, scomposto i lavori, stimato costi e durate, assegnato le responsabilità, sappiamo chi fa cosa quando, ora dobbiamo trovare il modo di garantire una qualità costante nei lavori.

E lo possiamo fare in tre semplici modi:
Stabilendo quelle che sono le milestones di progetto, sono delle date o dei punti all’interno della nostra schedulazione che definiscono, infatti, l’inizio e la fine di un’attività e segnano il completamento di una fase importante del lavoro. Al termine di ogni milestones tireremo le somme e valuteremo l’operato.

Secondo punto, fissando degli incontri di check, di revisione in anticipo, ci troviamo tutti i venerdì alle 11, piuttosto che al termine di determinati lavori. E ad ogni incontro valutiamo lo stato dei lavori, a che punto siamo con la tabella di marcia? Cosa dovevamo fare? Cosa abbiamo fatto? Cosa non è stato fatto? Cosa non è stato fatto per quale motivo? Come ci comportiamo ora?

E infine definendo con precisione quelli che vengono chiamati i Deliverables.
Ogni persona ha degli incarichi, questi incarichi devono produrre un qualcosa, un lavoro, una parte di lavoro, un documento, delle analisi, l’importante è che questo cosa sia ben definito.

Tornando all’esempio della famiglia che organizza il natale, al figlio maggiore è stato assegnato il compito di arredare gli interni. I deliverables potrebbero essere l’albero di natale, il presepe e le decorazioni in giro per la casa.

Fase tre: Monitoraggio e valutazione

Ho deciso di unire questi due concetti, che ovviamente rappresentano due fasi distinte però hanno tanti elementi in comune e spesso possono essere accorpate, perché mentre facciamo del monitoraggio inevitabilmente ci tocca anche fare delle valutazioni intermedie.

Il primo step in questa fase è l’analisi dell’operato e dei risultati, che sia a progetto ultimato, dopo una milestones o in un qualsiasi punto di check operativo, dobbiamo fare un’analisi dell’andamento e dei risultati.

Prima di tutto dobbiamo confrontarci con quelli che erano gli obiettivi attesi con ciò che è stato fatto, in caso di obiettivi a breve termine, che solitamente coincidono con l’esecuzione di un’attività o con ciò che abbiamo raggiunto, in caso di obiettivi a medio-lungo termine.
È una semplice comparazione, cosa dovevamo fare questa settimana e cosa abbiamo fatto? Quali metriche dovevamo raggiungere questo trimestre? Ci siamo riusciti? In che percentuale di riuscita?

La stessa comparazione, seppur con metodi differenti dovremo farla con le tempistiche, quindi valutare gli scostamenti temporali rispetto alla tabella di marcia concordata e in seguito con i costi, costruendo quella che viene chiamata baseline dei costi. Quanto abbiamo preventivato di spendere? Quanto abbiamo speso alla fine?

E in questa fase rientra chiaramente il capitolo dell’apprendimento, anche di questo abbiamo parlato in più occasioni. E lo divido in tre sottocapitoli

Lesson learned, in generale, quindi aggiornare eventuali processi e procedure, documentare eventuali errori da non commettere in futuro, documentare best practice da replicare in futuro e via dicendo.

Aggiornare il piano dei rischi, ci sono stati dei rischi che non avevamo preventivato? Ci sono stati dei rischi preventivati ma in modo sbagliato, in termini di impatto, o come strategia di mitigazione e prevenzione del rischio?

E infine anche le stime di costi e tempi per una determinata attività, aggiornare in maniera costante queste stime ci permette di avere delle stime sempre più accurate e avere una base di partenza per le progettazioni future.

Consigli vari

 

Molto bene, queste erano le tre fasi di progetto, in sintesi, prima di lasciarci voglio aggiungere alcuni consigli di vario genere.

Feedback, anche di questo abbiamo parlato tantissimo, sapete come la penso, sposo appieno la cultura libera del feedback, dove tutti possono esprimersi liberamente verso tutti e su tutto. Che sia fatto in maniera naturale e spontanea oppure con dei momenti formali, un rapporto scritto o un rapporto dal vivo, dobbiamo raccogliere sempre dei feedback, da chi?
Sicuramente dagli stakeholder chiave, dai clienti ma anche e soprattutto da colleghi e collaboratori. Come vi siete trovati in questo lavoro? Come potremmo migliorare il flusso lavorativo, l’operatività, il dialogo tra i vari team, quali migliorie faresti nell’intero processo, eccetera.
Ricordatevi inoltre di mettere la funzionalità e l’utilità sempre al primo posto. Come? Rimanendo semplici e implementando processi che vi servono realmente e nella maniera in cui vi servono. Il fatto che Cristian abbia suggerito una tecnica o abbiate letto un libro su un argomento non giustifica una clonazione di tale tecnica all’interno della vostra azienda.

E mi raccomando rimanete semplici, non complichiamo il Non complicate il lavoro nel tentativo di semplificarlo solo per essere ligi ad una tecnica o ai consigli di qualcuno come me. Impiegare due settimane per progettare il calendario di una settimana di lavoro non ha senso per intenderci. Non volete usare un software di project management ma gestire tutto su una bacheca fisica? Fatelo. Non vi piace la metodologia OKR che ho consigliato a più riprese? Non utilizzatela.

E come facciamo a sapere se uno strumento faccia al caso nostro? Fidatevi dell’istinto, come dico sempre, quando Quando uno strumento, una tecnica, una metodologia di lavoro vi fa venire il prurito, vi disturba, vi infastidisce… probabile che non faccia per voi

A tal proposito un’altra raccomandazione necessaria: mettete il contesto aziendale prima di tutto
Quello che funziona per qualcun altro non è detto che funzioni per voi. Stiamo quindi attenti a prendere alla lettera tutto ciò che adotta un’azienda in un altro settore, con un’altra cultura aziendale e con altre dimensioni. Bello leggere il caso studio di una modalità estrema di agile utilizzata in una software house della Silicon Valley, siamo sicuri che faccia al caso nostro? Figata la cultura libertina di Netflix dove non ci sono approvazioni del budget o policy delle ferie, siamo sicuri di poterlo fare?

E infine cerchiamo di adottare un principio di massima trasparenza:

  • Obiettivi
  • Piano d’azione
  • Stato di avanzamento dei lavori
  • Risultati, nel bene e nel male